No, il titolo di questa notizia non è un refuso e nemmeno un gioco di parole: AutoML, un’intelligenza artificiale sviluppata nei laboratori di Google, ha messo a punto un altro e nuovo sistema di Intelligenza Artificiale (AI) molto più efficiente di quelli realizzati fino ad oggi dagli ingegneri umani.
Ma non è il caso di preoccuparsi né di prepararsi a un’imminente Apocalisse digitale: nessuna macchina sta per ribellarsi o prendere il sopravvento sugli esseri umani.
Per ora il software realizzato da AutoML si è limitato a riconoscere diversi oggetti all’interno di una stessa immagine con risultati decisamente migliori rispetto a quello ottenuti da un software analogo messo a punto dai migliori esperti umani.
Un risultato simile - anche se leggermente diverso - è stato realizzato da DeepMind, anche questa un'azienda del mondo Google: ha sviluppato un sistema di AI che impara da solo, senza quasi nessun intervento iniziale da parte dell'uomo.
L'AI SALE IN CATTEDRA. Dal punto di vista tecnologico si tratta di risultati importanti, perché sistemi di questo tipo permetteranno di sviluppare in tempi più brevi applicazioni di AI sempre più complesse come quelle necessarie alle auto autonome, alla realtà aumentata, ai veicoli spaziali ma anche alla gestione delle infrastrutture che fanno funzionare Internet o le reti elettriche.
Già lo scorso maggio gli ingegneri di Big G avevano annunciato l’avvio di un progetto di metalearning, cioè l'utilizzo di sistemi basati sull’intelligenza artificiale e sull’auto-apprendimento per la realizzazione di altri sistemi di AI.
In questo tipo di attività gran parte del lavoro consiste nella costruzione, tramite software, di reti neurali capaci di imitare i processi tipici del cervello umano.
È un’operazione lenta e ripetitiva, che i programmatori portano avanti per tentativi alla ricerca delle migliori combinazioni e connessioni tra i vari nodi in grado di ottimizzare le prestazioni dell’intera rete.
DAL CERVELLONE ALLA RETE NEURALE. Come spiega Google dalle pagine del proprio blog, una rete a 10 strati dà origine a 10¹º reti, ciascuna delle quali deve essere testata in modo da trovare quella migliore.
È chiaro come la complessità e la lunghezza del procedimento aumentino in maniera esponenziale all’aumentare delle dimensioni della rete. E più una rete è estesa, più è potente e in grado di assolvere ai propri compiti in breve tempo
Gli ingegneri di Google hanno quindi programmato una rete neurale perchè lavorasse su un sistema di intelligenza artificiale esistente e lo espadandesse dal punto di vista delle dimensioni, e quindi della capacità, conducendo in maniera automatica la noiosa attività di ottimizzazione normalmente realizzata dall’uomo.
Il risultato ottenuto ha superato le attese: la rete neurale messa a punto da AutoML ha raggiunto i punteggio di 42 nella corretta categorizzazione di immagini con soggetti multipli, contro il 39 totalizzato dal software scritto dai migliori esperti di Google.
E L'UOMO? È importante notare come AutoML non abbia sviluppato un nuovo sistema di AI a partire da un foglio bianco ma abbia operato, migliorandola sensibilmente, su una rete che esisteva già.
E altrettanto importante è sottolineare come il ruolo degli scienziati umani sia fondamentale nel tenere sotto controllo lo sviluppo autonomo dei sistemi di AI: le reti neurali possono infatti effettuare connessioni casuali tra i vari nodi e giungere a conclusioni parziali ed errate. Per esempio associando una certa etnia o un orientamento sessuale a stereotipi negativi.
SOLO RICERCA. Per ora AutoML rimarrà un progetto di pura ricerca, ma secondo quanto affermato dal CEO di Google Sundar Pichaiall’ultimo Google I/O, l’obiettivo finale dell’azienda è quello di rendere più democratico l’accesso all’intelligenza artificiale, oggi riservato a poche migliaia di esperti: «Se avremo successo, anche i non addetti ai lavori potranno utilizzare sistemi di questo tipo per realizzare reti neurali disegnate su specifiche esigenze»
Dal punto di vista pratico AutoML potrà migliorare tutti gli altri sistemi di intelligenza artificiale esistenti, per esempio quelli di riconoscimento vocale o delle immagini già presenti nei nostri smartphone, ma anche quelli utilizzati nel mondo della finanza, della medicina o dell’agricoltura.